da un'idea di "Era un anno a casa" un blog tutto ... da leggere!!!

domenica 20 marzo 2022

Scake recensisce "Il potere del cane" di Thomas Savage

Questo romanzo mi è piaciuto moltissimo. 

Innanzitutto perché l'autore ha scelto di affrontare un tema molto particolare e delicato in un contesto assolutamente inaspettato. 
Ma anche per la sua scrittura: con uno stile sobrio e conciso inquadra i personaggi e li muove con destrezza lungo il racconto, sia nelle relazioni reciproche che nella loro interiorità. Li inquadra e li descrive fuori e dentro, in una sequenza di immagini misurate, ma potenti, come un bravo regista che sa dosare tempi e spazi.



Sono arrivata a quest'opera dopo aver visto il film di Jane Campion che mi piace pensare non abbia dovuto faticare molto per trasporlo sul grande schermo. 
La narrazione del romanzo infatti sembra già l'anticamera di una sceneggiatura: i dialoghi sono brevi, lapidari, gli ambienti e gli scenari vividi come si fosse su un set. 

La storia si svolge nel Montana del 1925 nell'isolato ranch di due ricchi fratelli dove la vita scorre scandita dalle stagioni e dai lavori con le mandrie. Phil e George Burbank si sono divisi le mansioni da svolgere quando gli anziani genitori hanno deciso di passar il resto della loro vita in Salt Lake city. Nulla sembra cambiato nel loro rapporto da quando sono piccoli, dormono ancora nella stessa camera da letto e colmano l'enorme differenza di carattere dialogando in modo molto formale in un equilibrio fatto di lavoro pesante e routine.

Ma è il quieto e timido George a spostare l'ago della bilancia decidendo di sposarsi con la vedova di un medico. La donna porta con se nella tenuta suo figlio Peter e per Phil la vita cambia forzatamente, ma soprattutto inaspettatamente.

In questa storia ogni personaggio risulta interessante, anche il più marginale, e man mano che si procede con la lettura aumenta il desiderio di saperne di più, di capire il perché di certi gesti. 
Quelli di Phil sopra ogni altra cosa. 
Phil il tremendo, Phil l'acuto, Phil lo sprezzante. 

Phil è Benedict Cumberbatch

Phil domina su tutto e tutti e tutti sono costretti a misurarsi con lui e con se stessi. 
Solo in un piccolo prezioso momento si incrina la sua scorza e ne appare la parte vulnerabile, palpitante: il rievocare come un ricordo tenero e meraviglioso quello che ai nostri occhi appare un'esperienza tremenda. Questa breve parentesi nella narrazione apre ad un'amplissima comprensione della sua personalità e riporta Phil tra gli appartenenti al genere umano. 
Lui è centralissimo nella storia. 
Però paradossalmente tanto ingombrante risulta la sua presenza quanto rapido sarà il suo congedo. Infatti il ritmo lento degli eventi è carico di presagi e crea un crescendo di aspettative, ma l'epilogo è sorprendente: il bene trionfa grazie al male in una spiazzante assenza di drammaticità. 

Nonostante il film tratto dal romanzo abbia appena vinto il premio BAFTA per la miglior regia e miglior film, in alcune cose ho percepito da parte della regista il tentativo di aumentare nella narrazione il senso di inquietudine, ad esempio con l'uso di alcuni brani della colonna sonora disturbanti, da thriller. 
Secondo me non ce n'era alcun bisogno: la tensione è palpabile, davvero si può toccarla allungando le mani sotto il velo della convenienza che avvolge tutti i protagonisti di questa storia e che impedisce loro di mettere a fuoco il disagio del proprio vivere e una soluzione possibile per uscirne.
L'unica voce fuori dal coro è l'introverso e il silenzioso Peter, l'unico che ha il coraggio di sollevare il velo e guardare in faccia alla realtà. 
Agli occhi di Peter la soluzione appare chiara, per questo con la tipica spietatezza degli adolescenti egli percorre una strada tutta sua con feroce lucidità e tenace resilienza. 

Ho letto in alcune note biografiche che in Peter l'autore ha identificato se stesso e che il romanzo è parzialmente autobiografico. 
Probabilmente Peter riesce lì dove Thomas non ha avuto la capacità (o il coraggio chissà) di agire, è una sorta di suo alter ego che non potendo riavvolgere il nastro della sua vita e cambiare ciò che è stato si adopera per impedire che quegli eventi si ripetano in futuro. 

Un romanzo a suo modo aspro, come devono esserlo state le vite in certi posti dove la sopravvivenza delle persone dipendeva dalla vita comune, dal vivere a stretto contatto gli uni con gli altri, dove essere soli equivaleva a essere morti. Ma come sempre se al dovere della protezione reciproca manca l'amore, il dialogo, la comprensione la comunità diventa una prigione, un luogo dove essere giudicati invece che aiutati. Ho visto questa sofferenza nella vita dei fratelli Burbank e degli ospiti del loro ranch. 

Ampiamente consigliato.




mercoledì 26 gennaio 2022

"L'anulare" di Yoko Ogawa

Un libricino sottile, comprato per la bellezza della copertina in verità. 
L'edizione della collana Le Opere del Corriere della Sera dal titolo " La grande letteratura giapponese" l'anno scorso allegava al quotidiano settimanalmente per 25 uscite una serie di romanzi di autori giapponesi degli ultimi decenni. 
La realizzazione delle copertine, affidata ad XxYstudio, utilizzava i toni del bianco, del rosso e delle sfumature di grigio. Sobrie, accurate, ogni volume una piccola opera a sé. 
Questa de "L'anulare" di Yoko Ogawa è tutta bianca.
Davanti il disegno a china rossa di tre funghi, in altro a sinistra in rosso l'autore, in nero il titolo e invece in alto a destra titolo (薬指の標本-Esemplare di anulare) e autore in ideogrammi neri. 
La quarta di copertina riporta rovesciato a 90° in alto a destra un estratto del testo e in basso i disegni delle copertine di tre volumi della collana: il precedente, questo e il successivo. 
Molto elegante. 
Fa venire voglia di sfogliare il libro. 
Fa venire voglia di comprare tutti i volumi. 

Non conosco nulla di questa autrice, so solo che il Saggiatore ha stampato "l'isola dei senza memoria" romanzo di cui ho letto qualche recensione grazie a librogiappone.
 
Inizio la lettura e immediatamente riconosco lo stile di alcuni autori giapponesi contemporanei: lineare, essenziale, pulito, scorrevole. Periodi brevi in cui grande spazio prendono la luce, l'aria, i suoni, le sensazioni. 
Quelle della protagonista non sono propriamente rassicuranti, ma lei procede verso gli inevitabili eventi con passo cadenzato, inflessibile anche di fronte ai molteplici segni inquietanti che l'ambiente e le persone producono. 
La nostra dopo un infortunio sul lavoro si trasferisce da un paese costiero e in città risponde ad un'offerta di impiego per una ditta che è a tutti gli effetti uno spaccato onirico infilatosi in una minuscola crepa della realtà. In un quartiere comune di una città comune si erge un vecchio edificio molto comune che è sede però di una ditta atipica in cui vengono realizzati manufatti atipici grazie ad un atipico artigiano: il signor Deshimaru.
Apro una perentesi: chiamarlo il signor Deshimaru fa tanto scapolone attempato, ma immagino che nella lingua originale non suoni esattamente in questo modo. Sarà sicuramente Deshimarusan dove さん è un suffisso che in giapponese si appone a tutti gli individui maschi adulti, diciamo tutti quelli usciti ormai dalla giovinezza per cui il suffisso è invece くん (kun). Io quindi lo immagino un uomo sui 30-35 anni, maturo e consapevole delle sue capacità, cortese e abbastanza affascinante nella sua risolutezza. Chi però ha avuto accesso alla versione originale può tranquillamente contraddirmi.
La nostra protagonista ne diventerà la segretaria, segretaria di una ditta in cui Deshimaru sembra essere l'unico soggetto.
E tutto quello che capita è strano. 
E' strano il segreto che ruota attorno alla realizzazione dei manufatti o esemplari come li chiama Deshimaru. Non le viene detto cosa effettivamente siano, ma solo perché le persone li richiedano. 
E' strano il modo in cui il rapporto tra Deshimaru e la sua segretaria si evolve. 
Questi piccole briciole di assurdo tracciano un sentiero che la protagonista percorre senza indugio, un Alice nel paese delle Meraviglie, curiosa e quindi imprudente, ma incomprensibilmente remissiva.
Sembra manifestare la consapevolezza di essere padrona della sua esistenza scegliendo di perderla frammento dopo frammento, di fondersi con l'universo totalizzante del signor Deshimaru. 
La rapida progressione di questa perdita cattura il lettore che avanza speranzoso in un riscatto che non avverrà. 
O forse si? 
La lasciamo sull'orlo dell'abisso e ci rendiamo conto che di questa protagonista non conosciamo neanche il nome. 
Il romanzo è breve dal finale sospeso, ma a dire la verità dopo l'ultima parola abbiamo quasi la sensazione che alla fine tutto si compia comunque.

Mi è piaciuto? 
Si, direi che mi è piaciuto però mi ha anche sconcertato, come sempre avviene quando seguendo la trama ci si imbatte nell'imprevedibile.








lunedì 18 febbraio 2019

La Grande Traversata


la mia postazione

"Le parole sono indispensabili alla creazione. A Kishibe venne in mente l'oceano primordiale che ricopriva la terra milioni e milioni di anni addietro, una massa liquida densa e vorticosa in uno stato di caos. Dentro ognuno di noi pensò c'è un simile oceano. Solo quando quell'oceano viene colpito dalla luce delle parole tutto assume una forma definita. L'amore, l'anima, il cuore...Le parole plasmano le cose e e fanno sì che possano emergere dal mare buio."

Ho deciso di leggere questo romanzo per due motivi. Il primo è che ne avevo visto tempo fa la trasposizione in Anime e il secondo è che questo libro appartiene all'iniziativa Instagram #librogiappone a cui sono contenta di partecipare perchè mi da modo di conoscere autori giapponesi guidata dalle scelte di chi si ne intende.

La Grande Traversata è il nome di un dizionario della lingua giapponese che ha ambizioni grandissime come si evince dai primi paragrafi

"...Erano altamente necessarie trovate originali e novità che rendessero la Grande traversata al debutto assoluto tra i mostri sacri della lessicografia giapponese, allettante e affidabile."

Queste sono le intenzioni dei suoi creatori, dipendenti della casa editrice Genbu shobou.
Il capo dell'equipe della Redazione Dizionari sta per andare in pensione e nell'ottica di lasciare questo enorme lavoro nelle mani di una persona affidabile, accurata e devota al progetto si mette in cerca di un possibile successore. Lo trova in Majime che però si presenta come il candidato più improbabile: una persona che non riesce ad usare le parole per esprimere pensieri e sentimenti e quindi che risulta costantemente inadeguato alle relazioni umane. Interiormente però Majime ha una sensibilità nei confronti delle parole impressionante e una capacità di dedicare loro un'attenzione fuori dal comune, non ha paura di prendersi tutto il tempo necessario ad elaborare mentalmente connessioni e riferimenti in modo che la spiegazione di un lemma sia il più possibile chiara, esplicativa, completa. Anche a costo di risultare agli occhi degli altri lento, distratto, strano.

Il tema centrale del romanzo è la realizzazione di questo dizionario che richiede una dedizione assoluta per lunghi anni. I personaggi (Majime e gli altri pochi dipendenti della redazione dizionari) sono tutti disposti al sacrificio e la loro sfera personale risulta assoggettata a questo grandissimo progetto. Ognuno di loro si adegua con dedizione, responsabilità e grande spirito di squadra.

Potrei dire che queste ultime caratteristiche sono tipiche del popolo giapponese perché questo è il volto della società lavoratrice del Giappone, il volto che mostra al mondo occidentale. Non sono mai stata in Giappone e spero di andarci presto, ma credo che ogni europeo o americano possa concordare che se non è così questo almeno è quello che vogliono farci credere: il lavoro prima di tutto.

La lettura è scorrevole e piacevole. Concordo con Stefania (niachan_80 su Ig) che sembra scritto come una sceneggiatura di un'anime, ma forse perché sia io che lei avevamo visto precedentemente l'anime tratto dal romanzo. Per chi tra parentesi è in cerca di qualcosa da vedere che non sia il solito shoujo o shounen questo è decisamente una valida alternativa. Si intitola The Great Passage ed è disponibile su Amazon Prime Video.
Ho avuto modo di confrontarmi con Stefi, mia vicina di casa nonché promotrice dell'iniziativa #librogiappone, soprattutto perché è anche la mia insegnante di giapponese.
E' proprio la questione linguistica la parte che mi ha colpito di più di questo romanzo.
Mi è piaciuto imparare da Majime seguendolo nelle sue riflessioni sulle parole come ad esempio in questo passo





Credo che questo tipo di attenzione sia però condizionata dal fatto che sto studiando giapponese da qualche anno e mi piace immensamente scoprire nuovi modi di percepire i significati delle parole o semplicemente nuovi modi di memorizzarle. Non so se in effetti questa storia possa risultare interessante per chi di lingua giapponese non si intende o non si interessi.

A volte poi mi sono posta domande sulla traduzione dal testo originale. Come quando in questo passo Kishibe e Miyamoto disquisiscono sulle definizioni di "maschio" e "femmina"





in effetti mi sono chiesta se fosse nell'intenzione dell'autore affermare che un'individuo FEMMINA non possa più essere definito (o solamente definito) "l'organismo caratterizzato dalla presenza di organi adatti alla gravidanza e al parto" e che un'individuo MASCHIO non possa più essere definito (o solamente definito) "quello che invece ha gli organi adatti a fecondare la femmina"
o se fosse un problema di traduzione. Nel senso che magari in giapponese non esiste un modo di distinguere donna da femmina e uomo da maschio. Visto che fino a prova contraria la natura ha previsto di distinguere due tipi di organismi diversi complementari necessari alla riproduzione, ma da sempre esistono femmine che non si riconoscono donne e maschi che non si riconoscono uomini. 

Sono fortunata. Per disquisizioni di questo tipo vado a prendermi un cappuccino a casa Origami Videography e mi chiarisco le idee.

Nel complesso il romanzo mi è piaciuto.
Se tempo fa mi avessero invitato a leggere un libro sulla realizzazione di un dizionario penso lo avrei affrontato solo per amore delle parole, nel senso che la storia alla base può sembrare debole, ma si sviluppa bene ed è piacevole.







giovedì 14 giugno 2018

"Tre Piani" di Eshkol Nevo e un muffin - perché sono sempre stata e rimango tuttora una lettrice golosa

dal mio profilo Ig
Torno a Nevo dopo qualche anno, con tanta speranza che mi catturi come mi ha catturato in precedenza. E non mi delude. La scrittura di Eshkol Nevo mi coinvolge  così intensamente che a volte devo fermarmi e sospendere per prendere fiato. Racconta le cose come le racconto io (no, molto meglio), con la stessa fretta, la stessa capacità di infarcire i periodi di dettagli (sono una maga in questo), lo stesso punto di osservazione delle cose. Ha una profondità una lucidità e un perspicacia che mi spiazzano e mi solleticano continuamente. E in questa lotta tra le due reazioni divoro il suo romanzo. A volte sono talmente immedesimata nei suoi personaggi da provare dolore. Soffro fisicamente, sento male al cuore, le farfalle nello stomaco, l'ansia. Parla di me o non di me? Non so più chi sono. Sono io o è Ayelet ? Sono io o Arnon? Siamo io e mio marito o Ani e Hassaf? Non abbiamo gli stessi problemi, ma di fronte alla quotidianità reagiamo allo stesso modo. 
In questo romanzo sono tre le coppie che ci vengono presentate e, come cita la sinossi, l'autore gioca con gli archetipi che convivono secondo Freud nell'essere umano ES, IO e SUPERIO. 
IO il mediatore tra ES che è l’insieme caotico e turbolento delle pulsioni e SUPER-IO che è la coscienza morale, una sorta di censore morale che giudica gli atti e i desideri istintivi dell’uomo.
I sei protagonisti finiscono per essere il paradigma della vita di tutti noi. 
Solo che loro sanno raccontare, si aprono, non hanno paura di annoiare chi li ascolta perché l'urgenza di farsi aiutare è più forte. E non so se la risposta che riceveranno li guiderà alla soluzione. Forse la cercano in me, a volte vorrei consigliarli, a volte rimango inerme di fronte al loro bisogni di aiuto. 
Sono io allo specchio. 
Chi mi può aiutare?
Forse Dvora può. E' l'ultima delle mogli in questo romanzo, la più attempata. Dvora che finalmente inizia ad affrontare la relazione tra suo marito e suo figlio riconoscendo tutta la sua incapacità di amare come vorrebbe e ripartendo da lì. Capisce che è necessario convivere con l'idea che i figli nonostante i nostri desideri, le nostre proiezioni su di loro, i nostri discorsi, incoraggiamenti, consigli, prediche alla fine scelgono di essere chi vogliono essere e che questa realtà va accettata incondizionatamente. Così come da piccoli fiutano la nostra stanchezza di notti insonni e invece che lasciarci dormire qualche ora in più ci sfiniscono di pianti e richieste, così da grandi ci mettono costantemente alla prova con le loro idee diverse, le provocazioni, le richieste insistenti, le pretese. 
Perché vogliono essere amati senza riserve, senza sconti.  
Tutti noi siamo stati figli, più o meno molesti nei confronti dei genitori, possiamo mettere a fuoco quello che c'è stato tra noi e loro.  Ma io oggi sono anche madre di bambini piccoli e di adolescenti e mi proietto in Dvora, misuro il mio futuro sul suo presente. 
Lei reagisce in questo modo, ce la farò io? Lei tace e io? 

Consiglio assolutamente la lettura di questo libro. Assolutamente.
E anche degli altri due romazi di Nevo che ho letto anni fa e di cui ho parlato qui.

Per quanto riguarda il dolcetto che compare nella foto accanto al libro dirò che è un muffin senza zucchero e senza farina e che la sua realizzazione è davvero semplicissima.
Di seguito la ricetta.

Muffin di farina integrale senza zucchero 

 1 cup di semi di lino tostati e macinati
1 tazza di banana matura schiacciata
1/4 cup di olio vegetale
2 uova grandi
1 1/2 cup di farina integrale
1 cucchiaino di lievito in polvere
1/2 cucchiaino di sale 
1/2 tazza di prugne secche denocciolate tirtate finemente
1/4 cup cioccolato fondente in gocce
Preriscaldare il forno a 180.
In un robot da cucina unire le prugne, la banana, le uova e l'olio fino a che l'impasto sia liscio.
In una ciotola unire la farina, i semi di lino, il lievito e il sale. 
Mescolare gli ingredienti secchi e umidi e aggiungere le gocce di cioccolato.
Cuocere per 15 - 20 minuti e fare la prova stecchino. 
Io uso gli stampini in silicone per evitare di ungere i pirottini.

 

venerdì 12 agosto 2016

Ancora Yocci




Voi non vi ricorderete questo post...

E chi puo` biasimarvi...io a volte dimentico di avere questo blog !
No non e` vero, non l'ho dimenticato ma come faccio ad aggiornare tutto?
La vita cambia: cambio io, cambiano i miei figli, i ritmi famigliari, gli impegni piu` o meno quotidiani. Ma vabbe` mica volevo rifilarvi un pippone per giustificarmi..

Ma insomma la cosa e` che ieri ho accompagnato mia figlia a cercare libri per il liceo usati

Considerazione numero 1: io ho due figlie al Liceo. Io. Eh?

Considerazione numero 2: entrambe le suddette sono stormenite come pochi. Sono DUE dico DUE mesi che hanno in mano la lista dei libri da comprare e nessuno delle due si e` preoccupata di verificare che quelli che servono a una (che andra` in prima liceo) non fossero gia` in casa (visto che l'altra va in terza). E si che glielo avevo chiesto di verificare. A tutte e due assieme. Poi anche prese una per una. E ridetto. E poi detto ancora, tanto da passare per la madre rincoglionita che ripete le cose sempre 200 volte. Non le conoscessi quelle la`... Ecco ovviamente e` successo che le ho accompagnate alla libreria che sta nella citta` a 15km e gli unici due libri che abbiamo acquistato CE LI AVEVAMO GIA` NELLO SCAFFALE DEI TESTI SCOLASTICI DELLA LORO CAMERA!!!
Mein Gott...Verso le 19.30 ieri sera non avete mica sentito urlare come una posseduta una tipa in lontananza...?

Ma dove eravamo?

Ah si.
La libreria dei testi scolastici usati.
Mentre aspettavamo che il ragazzo cercasse i titoli disponibili mi guardavo intorno. Libri ovunque, scaffali zeppi, mensole sovraccariche. Gli occhi mi cadono su un libricino che avevo addocchiato tempo fa su Amazon ma non avevo mai avevo il coraggio di comprare: "Menu` di Yocci" di Noda Yoshiko







Perche` diciamocelo, in soldoni non e` che lo compri per un fine pratico, non e` un libro di ricette, non ti puoi cimentare nella complicata preparazione di un piatto giapponese basandoti su questi disegni. Ma e` cosi` adorabilmente かわいい (si legge kawaii e vuol dire CARINOOOOO! Magari anche con un paio di occhi a cuoricino).
E poi leggere i caratteri giapponesi (con la buffissima traduzione dell'autrice accanto) mi permette di migliorare nel loro riconoscimento e mi stimola ad imparare vocaboli nuovi. MI invoglia a farlo, non c'e` niente da fare, anche perche` la cucina e` sempre stata per me un mezzo per avvicinarmi alla cultura e lingua altrui.
Questo libro, che non ha nessuna pretesa se non quella di farsi leggere sorridendo, e` un ottimo compagno di esercizio e alimenta in me la speranza che un giorno assaggero` queste pietanze nel paese in cui sono nate.

Il blog di esercizi di disegno di Yocci e` questo.

Le due liceali sono sopravvissute all'onda d'urto comunque.




lunedì 14 settembre 2015

Una mamma ad Aperta-Mente

Arrivo a scuola con la mia bicicletta.
Oggi io sono un’universitaria felice: volo su due ruote, vento nei capelli, jeans e borsa a tracolla a frequentare i corsi. Una volta accomodatami in aula tirerò fuori il blocco appunti e la mia Noris e mi accingerò ad ascoltare con entusiasmo l’oratore di turno.


All’epoca sentivo girare a grande velocita` le ruote ben oliate del mio cervello e tutta la lezione mi appariva davanti agli occhi come un mosaico pieno di colori, dove ogni particolare stava ben concatenato all’altro e ogni tassello prendeva il suo posticino.
Oggi invece il mio cervello scricchiola e so gia’ che piu’ di un tassello non trovera’ mai il suo posto girando a vuoto in un tristissimo loop.
La scuola dove sto entrando infatti non e’ la mia, e’ quella dei miei figli: in questo auditorium da diversi anni vengo ad ascoltarli cantare nel coro natalizio, assisto alle loro imprese teatrali, partecipo alle assemblee dei genitori e dei rappresentanti di classe.
L’entusiasmo che ci metto pero’ e’ lo stesso di quella ragazza di vent’anni fa, perche’ la materia che si discute e’ di mio grandissimo interesse:”La divulgazione per ragazzi tra scienza e conoscenza - una bibliografia per approfondire”.


Mi sono iscritta pochi giorni fa nella Biblioteca Comunale di Pergine Valsugana. Andavo a chiedere se mi avevano tenuto da parte un libro e mentre attendo il mio turno butto l’occhio su un pieghevole giallo, bianco e rosso. E’stata una folgorazione: io nei libri ci sguazzo, ci ho aperto un blog (ok faccio un po’ fatica ad aggiornarlo) in cui ci metto anche le recensioni dei miei figli e qui c’e` addirittura la presentazione di una bibliografia! Sulla brochure spiccano alcuni nomi autorevoli che conosco: Paolo Canton di Topipittori… a Pergine... ? Sarà solo per addetti ai lavori sicuramente.
Io non sono maestra, non sono professoressa, non sono bibliotecaria, non sono libraia,
di fronte a questo corso posso pormi solo come mamma-lettrice.
Ma quando tocca a me la bocca parla dalla pienezza del cuore (Lc 6,45) esordisco con un “Posso partecipare anch’io?”.


Cosi’ sono qui. La differenza da allora, oltre che nel rumore che producono le rotelle del mio cervello, tra le altre cose sta anche nelle taglie in piu’ dei miei jeans e nella presenza dello smartphone che mi lega a ciò che inevitabilmente ho dovuto lasciare fuori da questo auditorium oggi: cinque figli, una serie di parenti che si turnano nell’accudirli (santo in eterno il loro nome) e un marito che viaggia per lavoro all’estero e che ha deciso di programmare il prossimo weekend via whatsapp proprio ora-adesso-now dimenticando che anch’io ogni tanto c’ho da fare (ogni tanto).
Dimenticavo.
Alle 17 ora prevista per termine lavori della giornata di corso mi ha fissato, dalla Grecia dove si trova, la revisione del nostro camper.
Probabilmente e’ convinto di aver sposato la nipote di Superman.


Detto ciò lego la bici e vado al desk a firmare la mia presenza perché a fine lavori riceverò’ un attestato di partecipazione.
All’ingresso e’ stata allestita una mostra bibliografica con molti dei testi protagonisti di questo corso, posso sfogliarli, fotografarli, emozionarmi davanti ad essi.
Alcuni mi colpiscono subito per le illustrazioni, altri per il tipo di impaginazione, altri per il contenuto decisamente originale.Individuo libri che gia’ conosco, ma che non ho in casa, libri che hanno letto i miei figli, libri che vorrei acquistare, ma sempre ritenuti troppo costosi per le mie tasche, libri curiosissimi e curatissimi che giocano con le dimensioni, che costruiscono stupefacenti profondita’ con la carta, libri che dimostrano come l’universo-libro sia davvero paragonabile all’universo stellare a cui apparteniamo: ancora in espansione, ancora pieno di possibilita’ comunicative non rivelate.


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Mappe di Aleksandra Mizielinski Daniel Mizielinski

domenica 31 maggio 2015

Un anno dopo la seconda puntata di un semestre di letture: Chaim Potok, ma anche Gheula Canarutto Nemni e me, che grazie a lei rileggo la mia vita.

(Del primo semestre scrivevo qui).
L'anno scorso facevo delle ricerche sugli ebrei messianici.
Mia cognata ci ha dedicato la tesi di laurea e mi incuriosiva davvero sapere perchè un ebreo decida di rimanere ebreo quando inizia a credere in Gesù come figlio di Dio, visto che la differenza tra le due fedi è poi tutta incentrata su questo.

Il fatto che noi cristiani abbiamo le radici del nostro credo nell'ebraismo mi ha sempre affascinato: Gesu` di fatto era ebreo.

L'identita` e la dignita` dell'individuo ebreo sta nel suo rapporto con Dio.
E' Dio che ha creato il popolo ebraico la' dove invece esisteva solo una massa di schiavi in Egitto al tempo del Faraone Ahmose nel 1550-1525 a.C. circa. 
Gli ebrei ne sono talmente convinti che il tempo della loro intera esistenza personale e collettiva sulla terra, tutta la lunga tradizione rituale, perfino la scansione delle ore, i gesti quotidiani sono imperniati attorno alla relazione con YHWH, l'unico Dio dal nome impronunciabile per la sua immensita` e potenza.
La certezza della esistenza e della bonta` di Yahveh e`radicata nel cuore dell'ebreo perche` i suoi padri hanno vissuto nella loro carne la liberazione dalla morte, dalla schiavitu`, il passaggio alla liberta`, alla nuova vita, alla dignita` di popolo, alla terra promessa fertile e bella.
Ha sperimentato la sua finitudine e infedelta` a questo progetto divino attraverso il cammino nel deserto, ha visto come Dio lo ha amato e lo ha preceduto sempre senza stancarsi della debolezza umana. I padri hanno tramandato ai figli e i figli ai loro figli questo precetto, attraverso la narrazione orale e la lettura della Torah: il precetto di amare Dio rispettando le Dieci Parole consegnate sul Sinai a Mose` (quelli che noi occidentali definiamo i Dieci Comandamenti) che sono la Costituzione del popolo di Israele. Dio tira fuori degli schiavi dall'Egitto e ne fa un popolo, affida l'organizzazione delle cose a Mose` dialogando man mano con lui, crea delle leggi che conferiscano dignita` agli Israeliti come popolo e lo conduce attraverso un lungo cammino nel deserto e finalmente gli consegna un paese dove abitare.
La conquista di questo territorio è preceduta da un lunghissimo percorso di 40 anni nel che guardando la cartina appare assurdo ed in effetti lo è: Dio permette che questo popolo ritardi di 40 anni l'entrata in patria facendogli allungare il percorso e questo perché?
Perché ci vuole molto tempo prima che l'uomo impari ad affidarsi a Dio, a rendersi conto che la storia che gli sta costruendo è buona per lui, attraverso mormorazioni, incredulità, ribellioni il popolo di Israele si rende conto che Dio lo ama, che ogni volta lo perdona, cha ha a cuore la sua vita, che sempre lo salva, lo cura, lo nutre, lo disseta e quando finalmente il rapporto tra il popolo e il suo Dio diventa di totale abbandono, di fiducia, di gratitudine, gli ebrei metteranno radici in Palestina "terra di latte e miele".

Tutta la Torah è un ricordare ciò che Dio ha fatto con gli ebrei. Se un padre trova la fonte di un'acqua miracolosa non si sente forse in dovere di dare da bere di questa fonte anche ai suoi figli? Così i genitori ebrei parlano ai loro bambini raccontando i fatti perché possano conoscere questo Dio grande e potente che ha pensato a loro da sempre.

Chaim Potok

giovedì 11 dicembre 2014

Japan Mood


Sto leggendo romanzi che alimentano il mio mood del momento. 

Credo capiti un po' a tutti prima o poi di trovare letture che si inseriscono bene nel periodo che si sta vivendo, magari altre invece ne sono distanti o viaggiano in senso parallelo alla vita di tutti i giorni. 
E non si tratta solo di genere letterario, ma proprio di contenuti: sentimenti miei che ritrovo scritti sulle pagine di un romanzo, sensazioni che mi appartengono, esperienze vissute, ragionamenti che mi frullano in testa che un'altro e` riuscito a tradurre in storie interessanti, come forse io non avrei mai saputo fare.
Quante volte mi e` capitato! E piu` "divento grande" piu` faccio di queste esperienze letterarie.
Con "La porta" di Natsume Sōseki e` andata cosi`, un anno fa quando me lo sono fatto prestare da Stefania le sensazioni provate furono esattamente queste: un senso di familiarita`, tra le righe della storia trovavano finalmente un nido i miei pensieri inespressi, la scrittura lenta e delicata di Sōseki mi ha conquistata, mi sono riposata nei dialoghi intimi dei suoi personaggi. 
Poi e` successo che sono entrata "nel tunnel" e quell'autore mi ha portata lontano. 
Mi sono lasciata coinvolgere dalle atmosfere orientali e complice il corso di lingua giapponese che, con molto coraggio (ma anche una buona dose di incoscienza lo ammetto) ho intrapreso sono andata alla deriva. Mi trovate sulle spiagge di Okinawa a leggere o in un caffe` a Tokyo ad esercitarmi sui katakana o ancora in un giardino a osservare la gente che passa o al mercato a tentare di comunicare con i venditori al banchetto della verdura. Sono qui ma sono molto anche li` e non e` escluso che un giorno non ci sia proprio in carne ed ossa. 

mercoledì 1 ottobre 2014

M. (13 anni) recensisce "L'Amazzone di Alessandro Magno" di Bianca Pitzorno

L'Amazzone di Alessandro Magno
Bianca Pitzorno
ed. Mondadori Junior


Questa storia e` ambientata tra il 336 a.C. e il 327 a.C., quando Alessandro Magno viaggiava per l'Oriente conquistando quelle che erano l'antica Turchia, Palestina, Egitto, Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan e molti altri paesi ancora...
A quel tempo Alessandro Magno viaggiava a capo di una carovana di persone che si ingrandiva man mano che conquistava le citta` e i paesi. 
Il protagonista della storia non e` Alessandro Magno pero`, ma una bambina di nome Mirtare.
Questa bambina era stata adottata da Alessandro quando era piccolina e lei stessa non conosce le sue origini. Nel momento in cui inizia il romanzo Mirtare ha 5 anni e viene istruita al pari dei bambini maschi della carovana da Eumene, il vecchio cancelliere del padre di Alessandro; infatti anche se a quel tempo dare istruzione alle donne era considerato uno spreco, Mirtare prendeva lezioni grazie ad un piccolo capriccio di Alessandro che la teneva in grande considerazione.
E` cosi` che la storia si snoda lungo le antiche strade dell'Oriente tra una meraviglia e un'altra, descrivendoci anche la cultura degli antichi greci, delle loro credenze, paure, abitudini e la vita sulla carovana sempre in movimento, ma soprattutto della bonta` di Alessandro Magno, delle sue ricchezze e della sua grandezza.
Mirtare in seguito scoprira` qual'e` la sua origine e prendera` decisioni inaspettate che io non ho potuto fare a meno di approvare e ammirare, perche` secondo me sagge e coraggiose.

A me questo libro e` piaciuto molto, perche` oltre che a raccontare una storia personale, tiene una sorta di lezione di storia, ma non una di quelle noiose al contrario molto scorrevole e piacevole. Mi ha portato indietro nel tempo tra i greci e mi ha incuriosito leggere quello che pensavano quando accadeva un fatto e capire perche` ragionavano in quel modo. 


giovedì 10 luglio 2014

Un semestre di letture - Prima Puntata: Eshkol Nevo

Non scrivo qui da molto tempo.
O meglio non pubblico perche' in realta` ho un sacco di post tra le bozze, ma devo concludere con le parole giuste e non sono del tutto soddisfatta.
L'ultimo post risale a gennaio 2014, da quella data la sottoscritta ha letto la bellezza di 16 libri (ma quando?) e ne ha in lettura molti altri (conoscete gia` il mio account aNobii?).
Volevo scorrere rapidamente con una serie di "puntate" cio` che ho letto e condividerlo perche` c'e` molto che vale la pena di scoprire.

In questa prima diciamo cosi` "puntata" vorrei parlare di due libri bellissimi di Eshkol Nevo, scoperti casualmente grazie alla recensione che ne faceva un settimanale appoggiato sul tavolino nella sala d'aspietto del medico (a proposito non pensate che le sale d'attesa possano essere un ottimo punto di scambio libri?)
Vi invito a leggere questo autore, io adoro la sua scrittura: mi cattura, mi affascina, mi coinvolge e non sono piu` capace di smettere. Entro nel suo mondo, mi piaccia o no cio` di cui sta scrivendo. 

Più riguardo a NeulandPer primo ho letto "Neuland" che e` una storia ambientata ai giorni nostri . Un uomo e una donna partono da Israele per il Sud America, non si conoscono e stanno ognuno cercando una persona diversa: lui si chiama Dori ed e` sulle orme di suo padre preoccupato perche` da troppo tempo non ne ha notizia, lei si chiama Inbar e cerca se stessa o meglio la persona che vorrebbe essere. Finiranno per incontrarsi e collaborare assieme e troveranno ovviamente molto altro.
La storia e` tanto assurda quanto possibile, ma non ho potuto smettere di leggerla e nonostante il libro conti 640 pagine l'ho divorata in 18 sere facendo anche le ore piccole fino a che gli occhi si chiudevano da soli.

Più riguardo a La simmetria dei desideri

"La simmetria dei desideri" e` stato un acquisto obbligato: dopo aver preso in prestito "Neuland" e aver apprezzato cosi` tanto questo autore ho deciso che il libro successivo doveva rimanere mio. Ed e` quello che ho amato di piu`. Sono arrivata al punto di interromperne la lettura quando ormai intuivo che la storia era all'epilogo, vedevo assottigliarsi il numero delle pagine e pensavo: "Oddio no! Sta per finire davvero! Non voglio uscire da qui!", ovviamente ho resistito due giorni e poi mi ci sono ributtata a capofitto sperando che Nevo avesse in progetto un altro romanzo o (chissa`?) proprio il seguito di questo. I protagonisti sono 4 amici e la loro storia personale e comune si dipana nel tempo scandita dai mondiali di calcio. Yuval che e` uno dei quattro e` anche la voce narrante. Forse e` troppo poco quel che ho riferito fin qui, ma non mi sento di raccontare nulla di questa storia, non mi va di anticiparvi niente della delicatezza di questo legame di amicizia ne` della forza dei sentimenti che pervade tutto il libro e neanche dell'umilta`, lealta` e intellligenza di Yuval. Secondo me e` un capolavoro e meriterebbe davvero anche una rilettura, anche meno tumultuosa della mia perche` e` questo che mi ispira la scrittura di Nevo: divoro le righe, i capitoli, mi rigiro le frasi sulla lingua e non ne sono mai sazia. Aggiungo solo che in otto serate di lettura l'ho terminato, compresi i due giorni di pausa forzata!


Ci tengo a precisare che hanno spesso paragonato Nevo ad autori come Amos Oz e David Grossman, definendolo "il loro erede"; ovviamente mi sono messa a verificare di persona, ma al momento (e comunque lo ha detto tra le righe Nevo stesso in una recente intervista a Milano per Libreriamo) mi pare che a parte il fatto che tutti sono scrittori ebrei contemporanei il ritmo di Nevo sia davvero unico.
Sempre disposta a rimangiarmi tutto, solo dopo aver completato la lettura degli altri due ovviamente.

Nel prossimo post vi presentero` altri 5 romanzi tutti di un unico autore che sono stati la conseguenza diretta della lettura di Eshkol Nevo, per non uscire dal mondo ebraico, per ritrovare il sapore della narrazione pulita, ma altamente introspettiva. Gli ebrei le sanno raccontare le storie, davvero.
E poi cosi` mi sono trovata catapultata in una dimensione apparentemente lontana, ma in realta` vicina a tutti noi: la guerra.

domenica 19 gennaio 2014

M. (13 anni) recensisce "Eragon" di Christopher Paolini



ERAGON
di Christopher Paolini
ed BURbig Rizzoli

Questo e` un romanzo, il Libro Primo del "Ciclo dell`Eredita`" de "La saga di Eragon".

Quando avevo circa 10 anni l'ho trovato in biblioteca, ma provando a leggerlo mi era sembrato difficile: non riuscivo ad afferrare la trama del romanzo.
Qualche giorno fa in  occasione del mio compleanno la mia amica Anna me l'ha regalato e al contrario di quello che era successo 3 anni fa mi sono subito immersa nella lettura rimanendone catturata.

Il protagonista di questa storia e` un giovane contadino di nome Eragon che abita in un paese della regione di Alagaesia che e` parte di un mondo fantastico il cui crudele imperatore Galbatorix cavalca un Drago come un cavaliere e si fa servire da malvage creature mistiche.
Eragon trova un uovo di drago che aspetta da millenni il suo cavaliere, ma l'evento e` solo apparentemente casuale, in realta` nel suo destino era scritto che lo sarebbe diventato, l'uovo l'ha scelto e per questo si schiude in casa sua e ne esce il drago Saphira.
Nel frattempo i servitori di Galbatorix vengono a sapere che l'uovo di drago e` in mano ad Eragon e lo vanno a cercare per portarglielo via, bruciano la sua casa e nel rogo muore lo zio adorato, che gli aveva fatto da padre.
Da qui inizia l'avventura di Eragon che parte per vendicarsi di questo omicidio.
Diventera` cavaliere, fara` amicizia con Saphira, ma durante questo percorso, tra nuove conoscenze e dolorose perdite, lo scopo del suo viaggio cambiera`.

A me questa storia e` piaciuta perche` e` ricca di avventure e quando sembra che tutto stia andando bene un problema e` dietro l'angolo, per questo motivo non e` mai noioso!
Il racconto e` facilmente leggibile perche` il linguaggio usato e` semplice.
Pur essendo privo di illustrazioni, a parte la mappa dell'Impero, ci sono molte descrizioni dettagliate di personaggi, ambienti e cose che ti aiutano ad entrare nell'atmosfera.
Sulla copertina l'immagine e` molto bella e realistica.



giovedì 2 gennaio 2014

E. (11 anni) recensisce "Il Diario di Lizzy Bennet" di Marcia William



Il Diario di Lizzy Bennet
Marcia William
ed.Rizzoli
 
 
Questo libro mi e` stato regalato da mia mamma per Natale e mi e` piaciuto molto e apprezzo che abbiano fatto una versione per ragazzi del libro di Jane Austen che si chiama "Orgoglio e Pregiudizio".
Lizzy Bennet e` una ragazza con una famiglia molto numerosa, vive nella campagna inglese.
Sua madre e` costantemente occupata nel trovare marito alle sue figlie.
Lizzy e` contraria a questa cosa anche se le piacerebbe avere un marito che la ami.
Tutto inizia quando due gentiluomini molto ricchi, belli e scapoli si stabiliscono in una elegante casa nelle vicinanze. Vengono subito coinvolti in varie feste perche` li si possa conoscere.
Uno di loro si innamora della sorella maggiore di Lizzy, mentre l'altro e` antipatico, scontroso e non sembra affatto socievole.
Lizzy e Darcy sono entrambi altezzosi e pieni di pregiudizi uno nei confronti dell'altro e vivono i momenti di festa e convivialita` come fossero delle torture.
Ma Lizzy pian piano scopre che Darcy e` un gentiluomo e a poco a poco capisce di essere attratta da lui.
 
Questo libro esprime bene cosa si prova ad essere innamorati, perche` Lizzy e` contraria al matrimonio di convenienza e quando si scopre innamorata di Mr Darcy e` molto sorpresa: non aveva mai provato un sentimento cosi` forte e scrive tutte le sue emozioni in questo diario.
Le vicende e le sensazioni sono presenti nel libro sotto forma di lettere incluse nel diario, ricordi (fiori secchi, piuma di uccello, foglie) e disegni e decori che Lizzy realizza sulle pagine.
 
 


Consiglio a tutti i ragazzi della mia eta` questo libro perche` e` molto curato nei dettagli, scorrevole, piacevole da leggere o anche solo guardare ed e` anche divertente in alcuni tratti.



 

lunedì 11 novembre 2013

Poesie d'autunno

 

I nostri figli a scuola stanno imparando le poesie a memoria.

Quando ero una bambina come loro la cosa mi terrorizzava.
Questo perche` soffrivo di ansia da prestazione (un problema che mi affliggeva costantemente anche durante gli anni di conservatorio) e cioe` sapevo che poi avrei dovuto recitarla a memoria davanti a tutti. Non ho mai amato esibirmi.
Ma questi nostri bambini non mi assomigliano affatto: imparano con facilita` e sono contentissimi di recitare le poesie con espressivita` e soprattutto di sapersele ricordare.

Oggi e` la Festa di San Martino e G. ha imparato l'omonima poesia di Carducci.
Non e` stato semplicissimo pur essendo in quinta elementare: il linguaggio in cui si esprime e` lontano anni luce da quello odierno, ma e` stata una sfida che G. ha raccolto con spirito combattivo e ambizioso.

Acoltandolo recitare "San Martino" mi sono goduta appieno questa poesia forse per la prima volta.

E` cosi` ingiusto che per la maggior parte delle persone il momento per imparare a memoria le poesie rimanga quello dell'infanza, in fondo e` anche quello in cui non le si puo` apprezzare!
Sara` sicuramente un problema di memoria, quella dei bambini e` portentosa e man mano che gli anni passano se non la si tiene in allenamento va riducendosi.
Comunque la maestra di G. ha dedicato una lezione intera alla parafrasi di quest'opera, ma sono sicura che tra i due chi se l'e` gustata di piu` sono stata io, certamente anche perche` era mio figlio a recitarla!




E. invece ha imparato a memoria una bellissima poesia di Marino Moretti che si chiama "Natura Autunnale" e nel recitarla si e` divertito all'idea che il fungo sia un fiore ad ombrello



Le poesie autunnali sono moltissime, la stagione e` troppo sgargiante per passare inosservata, su Instagram i ritratti della natura impazzano.
L'autunno E` poesia. E i bambini memorizzano, memorizzano, memorizzano...

 

 

mercoledì 23 ottobre 2013

COSA e (soprattutto) COME sto leggendo?

letture culinarie
Quest'estate ho letto molto. In genere leggo molto anche durante le altre stagioni, ma in estate le ore che durante l'anno dedico ai compiti dei bambini me le metto da parte per la lettura.

E ho letto tantissime cose: alcune molto belle.

E ho li` ancora progetti di lettura da realizzare: libri prenotati in biblioteca, libri in preview sul kindle (e` danneggiato porca miseria), libri prestati, libri consigliati nel carrello, libri solo nella mia testa.

Una volta leggevo tutto un libro da cima a fondo e non ne iniziavo mai uno nuovo senza aver finito il primo. Era un mio personale metodo che poteva risultare frustrante, ma il piu` delle volte mi permetteva di rimanere concentrata sull'opera.
Da qualche anno in qua` invece sul comodino (veramente non e` un comodino, ma una mensola sopra la testiera del letto) stazionano moltissimi libri corredati di segnalibro. E` una personale foresta da cui attingere a seconda del mood del momento.
La considero una coccola, anche un po' un piccolo lusso a dire la verita`. Sento che quei libri sono amici benevoli e avranno il tocco giusto per accompagnarmi nel rituale dell'addormentamento.

NB Ho in preview nel kindle un libro condiviso su Instagram e di cui mi ha catturato l'immagine(eh...son fatta cosi'...) e proprio oggi ho scoperto che uscira` nella traduzione italiana di Stassi per Sellerio: "Curarsi con i libri".
Inutile aggiungere che lo acquistero'.

martedì 17 settembre 2013

Eccomi di nuovo su Zebuk! Scake recensisce "Cuore di bestia" di Noelle Revaz

Eccomi di nuovo su Zebuk!
OGNI VOLTA IL CUORE MI BATTE FORTE
MANCO MI AVESSERO PUBBLICATO UN LIBRO TUTTO MIO!!!
E` l'effetto che mi fa potermi esprimere a largo raggio, credo.
Comunque ho letto questo libro incredibile
e la mia recensione si puo` leggere
 
 oppure qui di seguito.

Buona lettura!

 
 

martedì 10 settembre 2013

Ho letto un libro brutto...ma brutto brutto eh? Scake recensisce "Io che amo solo te" di Luca Bianchini

Prima di tutto ci tengo a precisare con la massima serieta` che non amo per niente farmi nemici ne` apparire spietata a tutti i costi.

Ma quando e` troppo e` troppo!



L'autore e la casa editrice Mondadori hanno pubblicizzato questo romanzo con ogni mezzo (giustamente dico io, uno lavora e poi vende il suo prodotto no?): regalandolo agli ascoltatori della trasmissione "Colazione da Tiffany" come premio per la migliore risposta, attraverso riviste, interviste e perfino in cima ai monti durante almeno una delle serate-evento letterarie che i piccoli comuni organizzano per i numerosi turisti durante l'estate.
Una di quelle operazioni commerciali che si metteno normalmente in piedi per autori affermati.

Ma questa storia e` davvero piccola piccola e scritta male male. Non si merita per niente tutto il glamour che l'ha preceduta e accompagnata e non so perche` abbia fatto tanto successo. O forse si.

Luca Bianchini alla radio (birignao insopportabile a parte) e` cordiale e gentile, da' il benvenuto al pubblico la mattina presto con dedizione e solarita`.
Pero` dico io: MA PERCHE` TI SEI MESSO A SCRIVERE???????
E soprattutto quanto avevi in Italiano alle superiori?
Perche` il componimento non e` degno di un tema di terza media: una storia di una banalita` sconvolgente (della levatura di "Uomini e Donne" della de Filippi), perfettamente prevedibile dall'inizio alla fine, piattissima, dove i sentimenti piu` viscerali stanno a galla con i braccioli perche' non essendo abituati alla profondita` rischiano grosso (magari avessero rischiato un pelo di piu`) e per terminare con i pregi e` scritto in un'italiano che Devoto Oli si sara` rivoltato nella tomba 200 volte mentre il dizionario dei Sinonimi e Contrari ancora grida vendetta.

martedì 13 agosto 2013

ZAMZAMZAM!


Questa cosa mi ha attraversato il cervello come un fulmine: STACCO TUTTO!
zamzamzam!
E senza pensarci troppo (che senno` ci ri-penso) lo faccio: vado in modalita` "slow" cominciando la giornata con la spesa fatta col carrello (ma che idee mi vengono certe volte dico io....).
Mi assentero` dal web fino alla fine di agosto. Questo vuol dire niente condivisioni, niente post, niente foto, niente instagram perche` non mi connettero` piu` fino alla data stabilita.
Il mio cervello lavora troppo e troppo velocemente e quindi mi rimettero` a sferruzzare e a panificare lasciando fluire tutti i pensieri e a leggere per ricatturare quelli buoni.
Un saluto affettuoso a tutti tutti tutti.
Scake

venerdì 9 agosto 2013

Scake (41 anni) recensisce "Hannah e le altre" di Nadia Fusini



"Hannah e le altre"
Nadia Fusini
Einaudi
Mi sono appassionata a questo libro in maniera del tutto travolgente, ma soprattutto inaspettata.
Inaspettata perché non sono un'accanita lettrice di testi di saggistica, né di filosofia, né di poesia.
Mi interessano si` la letteratura e le biografie (ed in effetti è stata questa la molla che ha fatto scattare la voglia di affrontare questa lettura), ma mai avrei pensato di volgere tanta attenzione ad un opera di tale portata.

Tutto e' iniziato con un trasmissione radiofonica che seguo spesso, che si chiama Fahrenheit e che e` in onda dal lunedì al venerdì su radiotre alle 15.00.
La conduttrice un giorno ospita in studio Nadia Fusini ed io, che nel frattempo ero in macchina ad attendere l'apertura della scuola materna per andare a prendere mia figlia, mi metto ad ascoltare con interesse il dialogo fra le due perché si sta parlando di Virginia Woolf e anche di Simone Weil.
Scopro che Nadia Fusini ha scritto su molte donne letterate perche` le ha messe al centro dei suoi studi, è traduttrice dall'inglese di parecchie opere classiche ed ha occupato prestigiose cattedre. Al momento insegna nell'Istituto Italiano di Scienze Umane.

Ho nutrito nei confronti di Virginia Woolf sentimenti contrastanti: una sincera ammirazione per la sua mente feconda, un'altrettanta sincera compassione per la sua malattia, ma anche una particolare antipatia per via di certi suoi atteggiamenti snob nei confronti di altri scrittori del suo tempo.
Ho letto "Al faro" proprio nella traduzione della Fusini (come ho scoperto a posteriori!) e stralci del suo "Diario", ho vissuto con intensita` la visione di "The Hours" di Daldry e Cunningham, l'ho spiata nei suoi atteggiamenti piu` casalinghi attraverso gli occhi di diversi autori contemporanei: "D'armonia risuona e di follia" di Eugenio Borgna, "La scrittrice abita qui" di Sandra Petrignani, me ne sono andata a passeggiare da sola a Bloomsbury, in silenzio e senza fretta, sbirciando tra le finestre, le porte, immaginando il giro di letterati che frequentava quel quartiere, respirando quell'aria cosi` pacifica ed elegante che fluttua in quell'angolo di Londra.


Bloomsbury - London , Aprile 2013